sabato 27 maggio 2023

SULLE TRACCE DEI BRIGANTI. LE GROTTE DEI PORCILI di Alfredo Marseglia

Il nostro territorio, si sa, è ricco di monumenti, ma anche di tracce del passato che hanno a che fare con la nostra cultura agreste o storica. Infatti a Bovino nella vallata del torrente Biletra si trovano le Grotte dei porcili; si tratta di un sito ormai abbandonato, raggiungibile solo a piedi con una passeggiata di circa due chilometri dal paese, seguendo il tratturo di Contrada Porcili. Il sito è composto da tre cavità ipogee scavate nella montagna, che presentano dei pilastri che fanno da sostegno e delle volte dotate di sfiatatoi. Ormai gli antri sono in parte crollati, ma ancora visitabili. All'interno delle grotte sono stati costruiti pilastri di sostegno, muri e muretti laterali e rivestimenti, sempre in pietra, delle pareti. Persone anziane della zona raccontano che queste grotte siano state dimora di briganti, durante il periodo del Brigantaggio, e successivamente siano state convertite a Porcilaie dagli allevatori locali.

I periodi storici, però potrebbero essere stati invertiti dalla memoria, ma queste grotte restano comunque un patrimonio culturale importante e affascinante da valorizzare.


Anche il grande romanziere, Giovanni Verga famoso autore de "I Malavoglia, “Mastro Don Gesualdo” e del celebre dramma “La Cavalleria Rusticana” musicata da Mascagni, ha ricordato il vallo di Bovino in una sua novella. Siciliano di origine, si recava spesso a Firenze e, durante i suoi viaggi, passando da Napoli, sostò nella nostra provincia, specialmente a Foggia e Bovino. Qui forse immaginò - o venne coinvolto davvero - un'avventura eroico-amorosa, che descrive in una delle sue novelle, dal titolo “Certi Argomenti”. Le vicende della novella si svolgono tra Napoli, Bovino e Foggia intorno al 1860-65, prima che fosse terminata la strada ferrata. Era l’epoca in cui il Vallo di Bovino era tristemente famoso per i briganti, che lo infestavano. Il vallo di Bovino era allora una foresta densa di carpini, querce, ippocastani, tamarici che dalle sponde del Cervaro seguivano una gola per molti chilometri, fino alla stazione di Ariano Irpino: luogo ideale per le scorribande dei banditi.

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