venerdì 14 maggio 2021

UN ANNO DI COVID. Classe 1^B - Scuola Secondaria di primo grado - Bovino

 


La pandemia di Covid-19 si è abbattuta sulle nostre vite come un uragano inaspettato. Le ha travolte e stravolte e le ha profondamente segnate. Ognuno di noi porta delle cicatrici, ciascuno ha provato emozioni forti, positive e negative che siano state. Anche la scuola ne è uscita provata ma, quando tutto era chiuso, è stata per molti l’unica finestra sul mondo. I giovanissimi alunni della I B della Secondaria di I grado dell’Omnicomprensivo dei Monti Dauni di Bovino, guidati dalla Prof.ssa Antonietta Petrella, hanno raccolto le loro emozioni. Attraverso la scrittura sono riusciti a tirare fuori tutto quello che questo lungo anno di isolamento ha significato per loro. Viatico sono stati la penna ed un foglio bianco, poi un’ora di silenzio e le loro emozioni hanno preso forma. Così si sono raccontanti:

Mirko: “Il 2020 è stato un anno davvero triste, trascorso da solo e senza poter vedere gli amici, che mi sono tanto mancati.”

Giorgia: “Durante la quarantena, mi sono mancate molte cose ma, in tutto ciò, ho scoperto cosa si intende davvero con la parola “famiglia” perché i miei genitori lavoravano fino a tardi e io stavo tutto il giorno con i nonni che però, all’improvviso, non ho potuto più vedere, per proteggerli dal rischio del contagio, perché sono più fragili.”

Maria: “Sarò sincera: non mi sono accorta del tempo che è passato né mi sono pesate tutte le restrizioni e ho vissuto un periodo uguale a tutti gli altri.”

Adriana: “Appena si è saputa la notizia di questo virus, non ho avuto molta paura anzi, ho provato anche un po' di felicità perché così avrei potuto passare più tempo con la mia famiglia e, facendo lunghe passeggiate nel bosco, ho scoperto che la natura è meravigliosa!”

Federico: “Esattamente dal 5 marzo 2020 non ho potuto più vedere i miei amici e dovevamo prepararci per una lunga quarantena che a me non è piaciuta affatto! Non potevo incontrare nessuno ed era noiosissimo fare sempre le stesse cose!”

Giorgio: “Nella quarantena i giorni erano tutti uguali ma, il fatto di stare a casa, ha permesso alla natura di respirare e si è ridotto l’inquinamento. Spero che il covid passi subito per riabbracciare finalmente tutti.”

Mariana: “Non ero più felice come una volta, mi sentivo in gabbia e provavo rabbia nel vedere video di persone che non credevano all'esistenza del covid-19! Mi sono mancate tante cose però è così che ho imparato una lezione importante: dai valore ad una cosa solo quando ne senti la mancanza!”

Giulia: “In quel periodo mi sentivo fragile e mi veniva sempre da piangere. Ad aiutarmi sono stati i miei genitori. Anche se non avevo perso nessuno, ho pensato di aver perso la speranza. Usciremo da questo buco nero che ci racchiude? Le mie risposte: “forse” e “speriamo!”

Francesca: “Ciò che più mi è mancata, è stata la voglia di scoprire il mondo; mi è mancato aiutare come facevo sempre nel volontariato per gli animali ma allo stesso tempo ho capito che ciò che conta è essere felici per le piccole cose!”

Michelle: “La cosa più brutta è stata vedere mia madre e mio padre disperati per il loro lavoro, per come continuare a rimanere in piedi, avendo l’attività bloccata ma io avevo 10 anni, ero una bambina, che potevo fare? Andrà tutto bene… continuo a sperarci ancora”

Giovanni: "Se vogliamo che il Covid finisca, dobbiamo assumere un comportamento migliore perché non possiamo aspettarci un cambiamento se continuiamo a comportarci da irresponsabili. Fin dall'inizio della pandemia, se tutti avessimo rispettato le regole, non saremmo ancora in questa situazione!”

Sono sempre i più piccoli a trasmetterci gli insegnamenti più grandi!

IL MONDO IN PAUSA . Di Alessio Ryan Pagniello

 


A causa della pandemia, molte attività, eventi e luoghi sono stati chiusi, sospesi o rimandati a tempi migliori. Non solo negozi, centri commerciali, ristoranti, teatri e cinema hanno subito una battuta d'arresto notevole, anche molti eventi nazionali o planetari sono stati rinviati a causa del Covid. Il mondo dello sport ha subito notevoli rinvii o cambi di programma. Informalmente nota come "TOKIO 2020", la XXXII olimpiade, secondo il calendario originale si sarebbe dovuta tenere in Giappone dal 24 luglio al 9 agosto 2020. A causa della pandemia le date sono state posticipate di un anno e si svolgeranno, presumibilmente dal 23 luglio all'8 agosto 2021. Per la prima volta i giochi sono stati posticipati anziché cancellati, anche perché il paese del sol Levante ha investito cifre da capogiro, oltre 12,6 miliardi di dollari che non possono andare persi. Purtroppo ancora non è certa la partecipazione del pubblico a tutti gli eventi e per questo l'olimpiade ha rischiato di essere la prima nella storia ad essere stata rinviata e senza spettatori. Secondo le ultime notizie giunte, i controlli saranno serrati e gli atleti saranno sottoposti prima a vaccino e  poi a test ogni quattro giorni. L'accesso del pubblico straniero infine sarà limitato alle sole gare di atletica leggera.


Anche gli Europei di calcio sono stati rimandati a causa del Covid. Previsti per il giugno 2020, la UEFA ne ha deciso il rinvio di anno e si terranno dall'11 giugno all'11 luglio del 2021. Nel mondo dello sport sono stati moltissimi gli esempi di manifestazioni annullate o rimandate, negli USA  si sono fermati i campionati di soccer, di baseball e di hockey e la mezza maratona di New York è stata cancellata. Eventi culturali come il film festival di Praga o la rassegna cinematografica TRIBECA di New York sono state rinviate, parate e feste sono state cancellate. 
Infine dopo un lungo iter decisionale la maggioranza dei paesi membri ha deciso di rinviare anche l'esposizione mondiale EXPO DUBAI 2020. L'evento era previsto da ottobre 2020 ad aprile 2021, ma a causa della pandemia si terrà da ottobre 2021 fino al mese di marzo del 2022. 192 i paesi partecipanti ed i padiglioni che ospiteranno idee  sul tema " Connecting minds, creating the future". Filo conduttore la sostenibilità ambientale e le risorse del pianeta, con un occhio di riguardo alle tecnologie e all'intelligenza umana, la sola in grado di lavorare alla soluzione dei problemi della Terra. Tale soluzione però, può arrivare solo attraverso la collaborazione tra le diverse culture e soprattutto attraverso la connessione delle menti tra loro, per conquistare sempre maggior consapevolezza e traguardi importanti per il benessere di tutti.



PROTEGGERSI DAL VIRUS CON STILE : LA MODA DELLE MASCHERINE di Antonio Morsillo

 


In questo difficile periodo storico, sarà forse proprio la mascherina ad essere ricordata come il simbolo del momento che stiamo vivendo. Utilizzata da tutti noi per proteggerci, è diventata per molti un accessorio con cui distinguersi dagli altri. L’esplosione della pandemia ha bloccato ovunque i consumi e ha creato la necessità per molte aziende di convertire la propria produzione. Molte aziende fashion  hanno iniziato a produrre camici e mascherine di protezione per sostenere la propria ditta. Le mascherine dunque sono diventate un’opportunità di reddito e di lavoro in un momento in cui molte aziende sono entrate in crisi a causa della diminuzione drastica dei consumi.


 Sui siti di vendita on line e sui social sono apparse mascherine di tutti i tipi e per tutte le occasioni: luccicanti, ricamate, da sposo e da sposa. Molti dei politici nostrani ne sfoggiano alcune con i colori della nostra bandiera, ma ce ne sono di abbinate ai bikini, agli abiti, alle borsette… Il mercato delle mascherine ha coinvolto anche  i grandi brand, che  le utilizzano anche nelle loro sfilate. Non solo le grandi case di moda si sono dedicate alla creazione delle mascherine, ma anche le piccole aziende si sono messe a lavoro per la loro realizzazione. Sui social innumerevoli influencer ci hanno mostrato le loro mascherine, delle tipologie più disparate.



 Dai motivi animalier, agli strass, fino ad arrivare ad uno sparkling mood. Un esempio tra tutte Chiara Ferragni, che ha mostrato su Instagram quelle realizzate dall’artista Etai Drori. Un fenomeno che sembra inarrestabile, tanto che alcune mascherine, lanciate sul mercato a prezzi piuttosto elevati, come quella anti inquinamento che Fendi ha lanciato a 199 euro, sono esaurite in pochi giorni. 


 

PANDEMIA DA COVID-19, NON SOLO EFFETTI NEGATIVI. Gli effetti positivi del lockdown sull’ambiente. Di Samuele De Masis

 



La pandemia da COVID-19  ha trasformato le abitudini degli uomini tutto il mondo.  In seguito al lockdown  abbiamo potuto assistere al crollo degli spostamenti tramite automobili, e non solo, pertanto l’obbligo di rimanere a casa ha avuto un impatto positivo sull’ambiente e sul pianeta. In seguito ad alcune analisi tali chiusure hanno portato conseguenze positive in poco tempo. Il blocco ha ridotto soprattutto le emissioni di gas serra, soprattutto nelle aree più inquinate della Terra come New York o  la regione dell’Hubei  in Cina,   grazie alla chiusura di moltissime industrie nel mondo, al blocco degli aeroporti e al mancato utilizzo di automobili.  Nella sola Europa le emissioni di gas serra si sono ridotte del 7,6%. Vi è stata anche una riduzione della produzione di energia e di conseguenza, una riduzione del consumo di combustibili fossili che ha avuto un effetto positivo sull’ambiente. Un segnale incoraggiante che a breve termine potrebbe portare all'aumento e alla crescita dell'uso delle energie rinnovabili. Per stabilire l’impatto del lockdown sull’inquinamento dell’aria sono stati messi a confronto i dati degli anni precedenti il 2020 con quelli dei mesi del lockdown e quelli successivi e si è concluso che c’è stata una riduzione dei livelli di biossido di azoto. Un altro aspetto positivo è stato quello del miglioramento della qualità dell'aria:  il crollo dei trasporti ha infatti fatto calare le concentrazioni di NO2 e PM10, elementi  estremamente dannosi per la salute. 



Oltre al miglioramento della qualità dell’aria il blocco ha avuto anche un impatto  positivo sull’inquinamento dei mari, come è accaduto in Italia. Le acque italiane sono infatti tornate ad essere limpide come non accadeva da molto tempo, questo si è potuto osservare soprattutto nelle acque della laguna di Venezia  dove sono stati trovati polpi , meduse, delfini e diversi tipi di piante marine.  Tutto ciò è  accaduto  soprattutto grazie  alla riduzione della circolazione di barche a motore  (produttrici di sostanze inquinanti) e dal mancato turismo di massa con conseguente  calo delle crociere. La stessa cosa si è osservata nel Sud  Italia dove, a Napoli, è stato avvistato uno squalo molto vicino alla riva. Anche i fiumi hanno beneficiato degli aspetti positivi del lockdown. A Torino , ad esempio, il Po è ritornato ad essere limpido anche nelle zone all’interno della città,  solitamente più inquinate.



Molte specie animali grazie all'assenza di uomini e pericoli, sono tornate  anche  nelle zone urbane. In Italia a Milano sono state avvistate intere famiglie di lepri mentre a Roma sono comparsi alcuni cinghiali, ormai liberi di girare in città.

L‘ USO IMPROPRIO DELLE MASCHERINE di Valentino Picoco

 


Dal 2020 guanti, mascherine e gel disinfettanti sono diventati  i nostri scudi contro un nemico invisibile chiamato Covid-19. Purtroppo però non tutti li smaltiscono in modo corretto e quando arriva il momento di gettarli vengono abbandonati a terra o nell’ambiente,  diventando una nuova forma di inquinamento. I dispositivi di protezione individuale (DPI) sono composti da elementi differenti e, per questo, sono difficili da trattare. Le mascherine sono composte da tessuto, elastici e da una barretta metallica da stringere sul naso.  Questo rappresenta un primo problema, poiché i tre materiali non possono essere riciclati contemporaneamente. Inoltre la parte che protegge il viso non è un vero e proprio tessuto, ma è composto da una materia plastica chiamata polipropilene. Per quanto concerne i guanti possono essere fatti di lattice naturale o di plastica, non proprio biodegradabile. Già da diversi mesi le associazioni che si battono per la difesa dell’ambiente hanno lanciato l’allarme verso questa nuova forma di inquinamento, prime fra tutte Greenpeace, Opération mer propre e Ocean Asia. 



I DPI sono pericolosi soprattutto per la fauna acquatica, essi vanno a compromettere ulteriormente l’habitat naturale di tutti gli animali marini che già soffrono a causa degli scarichi di  rifiuti in mare come plastica, sacchi dell’ immondizia, bustine, bottiglie di vetro e soprattutto plastica.  Infatti ogni anno vengono gettate 570 mila tonnellate di plastica che  finiscono nelle acque del Mediterraneo:  come se 33.800 bottigliette di plastica venissero gettate  in mare ogni minuto. L'inquinamento da plastica sta continuando a crescere e si prevede che  entro il 2050 l'inquinamento quadruplichi.  Le mascherine per la bocca impiegano fino a 450 anni per decomporsi nell'ambiente infatti, con la  crisi del coronavirus, sempre più mascherine, guanti monouso e le bottiglie di gel idroalcolico si  aggiungono agli 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica che finiscono in mare ogni anno. Gli  animali marini possono rimanere impigliati nelle maschere o scambiarle per meduse e inghiottirle. 




Senza dimenticare che i DPI degradandosi rilasciano delle microparticelle di  plastica che mettono a rischio la nostra salute poiché possono finire nei nostri piatti, se inghiottite dai pesci che mangiamo,  o possono infiltrarsi  nelle falde freatiche e quindi nell’acqua potabile.


NON SOLO COVID: I POPOLI A RISCHIO DI ESTINZIONE di Alessio Ryan Pagniello


 

Il Covid-19 con le sue varianti sembra rallentare la sua corsa nei Paesi più ricchi, soprattutto grazie alla vaccinazione massiccia e agli ospedali moderni e forniti di macchinari e personale specializzato. Purtroppo la situazione non è la stessa in tutto il mondo. Sono soprattutto le popolazioni più povere o isolate, quelle che vivono lontani da quella che noi definiamo “civiltà” a pagare il prezzo più alto. Nell’America meridionale, lungo il corso del Rio delle Amazzoni ad esempio, la situazione è drammatica. Il lungo fiume si snoda per 6500 chilometri tra Brasile, Perù e Colombia: una via di comunicazione e fonte di sostentamento per i popoli che vivono lungo il suo corso, ma anche porta di ingresso per il Covid, che sta mietendo molte vittime. In tutta l’America latina vivono oltre 800 popolazioni native e almeno la metà di queste lungo il corso del Rio delle Amazzoni. Si tratta di circa 45 milioni di persone che rischiano di scomparire per sempre a causa dell’epidemia, che sta accentuando una situazione già critica fatta di discriminazioni e diseguaglianze. Le popolazioni indigene, già decimate in passato da malattie portate dai “bianchi”, sono parte del patrimonio culturale dell’umanità e sono fondamentali per la salvaguardia della biodiversità. Con la morte dei soggetti più anziani rischiano di scomparire le tradizioni e la memoria stessa di antichi popoli. 



 Non solo il virus, ma anche la scarsità di risorse, di cibo e di acqua potabile portano a dolorosi conflitti intertribali. Gli ospedali dell’area amazzonica non possiedono le risorse adatte per affrontare la pandemia, inoltre le tribù tradizionali a causa della loro condizione di isolamento hanno spesso un sistema immunitario più fragile del nostro all’attacco di patogeni esterni. Anche tra le popolazioni tradizionali africane la situazione appare drammatica.



 Tra i Masai del Kenya, ad esempio la situazione è molto difficile, poiché oltre a dover affrontare i problemi dovuti ai cambiamenti climatici che avevano già peggiorato la qualità della loro vita, si aggiunge questa nuova ulteriore complicazione. Ma non sono solo queste le tribù colpite, ce ne sono in Malesia, Filippine, Ecuador, Colombia, India, Canada… Survival International, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni stima che le tribù del pianeta conterebbero circa 430 milioni di persone. 



Di questi circa 150 milioni di individui appartengono ai cosiddetti popoli tribali. Per salvare queste persone e le loro preziose culture l’isolamento dal mondo sembra oggi essere l’unica salvezza. Per questo molti popoli hanno scelto volontariamente  di isolarsi e ora vivono nelle loro foreste in maniera autosufficiente. I Masai hanno deciso di fermare i loro rituali tradizionali e molte attività collettive per evitare contatti e contagi. 


A Sumatra i cacciatori-raccoglitori Orang-Rimba sono tornati nei loro territori da cui erano stati scacciati per far spazio alle coltivazioni di palma da olio, e hanno adottato una loro misura di quarantena, costruendo villaggi con abitazioni distanti tra loro e una casa lontana dal villaggio per gli infetti. Si tratta di una sorta di resilienza innata per i popoli indigeni capaci di adattarsi ai cambiamenti e all’ecosostenibilità.



 


 

COVID-19 di Antonio Mastrolonardo

 

Nel dicembre 2019 a Wuhan, in Cina sono stati notificati alcuni casi di polmonite di origine sconosciuta. Il 7 Gennaio 2020 le autorità cinesi hanno isolato ed identificato come causa della malattia un nuovo coronavirus la cui origine non è ancora conosciuta. Le notizie disponibili allora suggerivano che l’origine di questo virus fosse animale e che esso, attraverso un salto di specie, si fosse quindi non solamente adattato all’essere umano ma avesse anche acquisito le capacità infettive utili ai fini del contagio interumano. Essendo un nuovo virus, era stato chiamato provvisoriamente “2019-nCoV”. Nei primi giorni di febbraio l’International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV) ha classificato il nuovo coronavirus denominandolo Sars-CoV-2 e l’11 febbraio l’OMS ha ufficialmente denominato la malattia come COVID-19. Sars-CoV-2 è quindi l’agente eziologico responsabile dell’infezione e della patologia. COVID-19 è la malattia provocata da SARS-CoV-2 dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, D per disease (malattia) e “19” indica l’anno in cui si è manifestata per la prima volta.L’11 gennaio viene registrato il primo caso di coronavirus, muore così un uomo di 61 anni per polmonite. A quel punto sono circa una quarantina i contagiati nel Paese, secondo i dati inviati dalla Cina e man mano cominciano a diffondersi sempre di più. La città di Wuhan attua il primo blocco e l'abitato appare come  un deserto.


L’11 marzo 2020 l’OMS dichiara che l’epidemia internazionale di infezione da SARS-CoV-2 è una pandemia. Al 10 agosto 2020 sono stati registrati 19.718.030 casi nel mondo con 728.013 decessi. In Italia alla stessa data erano stati segnalati 250.825 casi e 35.209 decessi. Il primo caso identificato in Italia risale al 20 febbraio 2020. Sebbene alcune misure restrittive come la sospensione dei voli dalla Cina erano già state prese a fine Gennaio dello stesso anno. Nel giro di pochi giorni questo ha portato al lockdown di alcune zone della Lombardia prima e del Veneto dopo. Già dal 4 marzo sono state intraprese le prime misure nazionali come la chiusura delle scuole e il distanziamento fisico. Dall’11 marzo è stato appunto istituito il lockdown. Il Sars-CoV-2 può essere trasmesso in modo diretto e in modo indiretto. La prima via è una modalità diretta, che avviene per contatto ravvicinato con persone infette, le quali non necessariamente presentano sintomi, particolar modo con le loro secrezioni della bocca e del naso, principalmente tramite goccioline chiamate droplet o tramite saliva. La seconda modalità avviene attraverso il contatto tra soggetti sani e oggetti o superfici contaminate da secrezioni provenienti da pazienti contagiati. La trasmissione avviene principalmente tramite il contatto con persone sintomatiche ovvero che manifestano sintomi da SARS-CoV-2. Inoltre una quota di persone contagiate e che sviluppano un’infezione da SARS-CoV-2 possono non manifestare mai sintomi questi vengono chiamati asintomatici, ma possono trasmettere il virus. Però non è ancora stabilito con precisione con che frequenza questa eventualità si verifichi.

 




CORONAVIRUS

 E' ormai da più di un anno che il COVID-19 influenza e regola le nostre vite. La pandemia ha modificato gli stili di vita e le abitudini dell'intero pianeta. Questo argomento ha interessato  i nostri giovani redattori che hanno voluto cimentarsi con articoli concernenti vari aspetti della pandemia, da quelli più seri ed importanti, a quelli più frivoli. Ecco una carrellata dei loro lavori...

Il FENOMENO DEL GROOMING. L’ ADESCAMENTO DENTRO E FUORI LA RETE di ALISSA MASTROLONARDO

 


Per grooming o online child grooming si intende l'adescamento di minori online da parte di adulti o comunque di persone più grandi rispetto alla vittima. Ambienti digitali come le chat e i servizi di messaggistica istantanea, i social network e i  blog possono trasformarsi per gli adescatori in posti ideali dove stabilire con la vittima forme di intimità. Il termine deriva dal verbo inglese “to groom” che sta per "prendersi cura"; il “groom” era originariamente un individuo di posizione inferiore, un servitore o un  addetto alla cura delle stalle. È sottinteso, quindi,  che quando si parla di grooming si fa riferimento a una relazione tra due o più persone di cui almeno una si trovi in posizione di inferiorità e  dipendenza anche emotiva.  Possono essere considerati tentativi di adescamento il contattare minori sulle chat, magari utilizzando un’identità falsa e fingendosi loro coetanei, e l’intrattenere con loro lunghe conversazioni che concludono con confessioni amichevoli e intime, anche  promettendo piccole ricompense. Un ipotetico l’adescatore nel mondo reale deve fare i conti con la propria età (spesso matura) che non gli permette di accedere a luoghi pubblici frequentati da adolescenti o di avvicinare soggetti minorenni senza suscitare attenzione o preoccupazione; nel mondo virtuale egli può modificare la propria identità in modo da renderla più appetibile alla propria vittima. Molto spesso l’adescatore svolge preventivamente su internet delle accurate ricerche di quelle che possono essere le potenziali vittime, cercando di carpire i loro gusti, le loro fantasie e gli argomenti che possono essere più idonei per poter instaurare sin da subito una interazione, guadagnando immediatamente la loro attenzione. L'adescamento online è un processo ciclico che si compone di cinque fasi ben scandite dal predatore:   



 1) Friendship Forming Stage (FFS)                                                               Si tratta della fase dell'approccio. Il groomer, adeguatamente celato dietro un nickname scelto per attirare l'attenzione della propria vittima, instaura un contatto e molto spesso chiede l'invio di una fotografia o l'attivazione della webcam per riscontrare l'età della preda ed evitare controlli come i bot installati dalla polizia giudiziaria. Questa prima fase è la più importante per il groomer perché in un ambito multimediale come una chat room, entra in contatto con moltissimi utenti e subito pone l'attenzione verso le sue potenziali vittime.   

    2) Relationship Forming Stage (RFS)                                                                          Si tratta della seconda fase in cui il groomer cerca di sfondare il muro della diffidenza e dell'imbarazzo da parte della vittima, creando un legame che lo porterà a ricontattarlo anche successivamente. Fingendosi il suo "migliore amico" offre comprensione, consolazione, fiducia: In questo modo il minorenne offre una moltitudine di informazioni personali che potranno essere riutilizzate dall'adescatore in modo subdolo per poter raggiungere il suo scopo.

   3) Risk Assesstement Stage (RAS)                                                                                    Nella terza fase l'adescatore cerca di portare la relazione da un contesto virtuale ad uno reale. Il predatore cerca di eliminare o di valutare tutti i rischi possibili, come essere scoperto da un adulto. In questa fase L'adescatore da internet offender , colui che è solo virtualmente pericoloso, diventa un pericolo reale e concreto per la sua vittima, ossia un contact offender.                                  

 4) Exclusivity Stage (ES)                                                                                            Nella quarta fase l'adescatore scava nell'intimità della vittima facendo affiorare in lui fantasie e desideri. Inizia l'approccio più intimo che sfocia ben presto sul piano sessuale. Si mostra alla vittima come l'unico in grado di comprenderlo e di soddisfarlo.     

 5) Sexual Stage (SS)                                                                                                       Si tratta dell'ultima fase, quella in cui si compie l'abuso sessuale ai danni del minorenne. L'abuso può consumarsi in due modalità diverse: la prima attraverso un incontro personale che può sfociare in una violenza sessuale, la seconda anche solo virtualmente con lo scambio di materiale pedopornografico o l'interazione di webcam chat in cui vengono praticati atti di autoerotismo.      

  In tempi recenti delle accuse simili sono state rivolte a Instagram, considerato il social perfetto per l’adescamento dei minori online, prima che una rete di predatori venisse scoperta su Minecraft e qualche campanello d’allarme suonasse anche per TikTok e le sfide quotidianamente proposte ai giovanissimi utenti dell’app cinese. Ogni volta che una nuova challenge diventa virale, sui social c’è sempre qualcuno pronto a temere l’ipotesi grooming. Così è successo già ai tempi della Momo Challenge e più di recente con la Blue Whale Challenge e la vicenda dei presunti suicidi legati al fenomeno Jonathan Galindo: quello che hanno in comune tutti questi casi è il coinvolgimento di figure, tanto misteriose quanto oscure e irrintracciabili, che sfiderebbero le vittime a una serie di prove pericolose. Più chiaro è invece, almeno da un punto di vista anagrafico, il profilo della vittima di adescamento online: ha quasi sempre tra i 10 e i 13 anni e, più raramente, tra i 14 e i 17. Questo spiega anche perché è sistematicamente chiesto più impegno, più responsabilità alle piattaforme per evitare situazioni di rischio per utenti, come gli under 13, che stando alle clausole di iscrizione, su molte piattaforme non dovrebbero nemmeno avere possibilità di aprire un profilo. Ma cosa si può fare per evitare di essere adescati? Innanzitutto diffidare di chiunque tenti un approccio online, soprattutto se offre premi o denaro. Non diffondere mai immagini intime, ma soprattutto avvertire un adulto di fiducia: genitore, insegnante o chiunque faccia parte della vita reale.

 



INDIFFERENZA! IL CAMPO PROFUGHI DI LIPA. Di Giulia Pia Schiavone

 


 

 Il  Giorno della Memoria serve a commemorare  milioni di ebrei, sterminati durante la Shoah ma deve anche  ricordare che ogni giorno esistono ancora innumerevoli discriminazioni contro chi ci sembra diverso. Tragedie così grandi non avrebbero dovuto più ripetersi e per questo l’ONU dopo la Seconda guerra mondiale, ha voluto farsi garante della pace tra i popoli.    Eppure durante tutto il Novecento si sono consumati nuovi stermini di massa in varie zone del pianeta. Basti pensare alla “pulizia etnica” compiuta nella ex Jugoslavia nel 1995, o agli eccidi verificatisi in Ruanda nel 1994 durante il conflitto etnico tra Tutsi e Hutu che provocò quasi un milione di morti in soli cento giorni. In Cile durante la dittatura di Augusto Pinochet furono uccisi almeno quarantamila oppositori al regime e vennero sequestrate almeno sessantamila persone. E ancora: il genocidio del popolo curdo, i “desaparecidos” dell’America latina, il genocidio del popolo iracheno durante la dittatura di Saddam Hussein, il genocidio in Cambogia da parte dei Khmer rossi che ha coinvolto due milioni di persone,  la tragedia dei popoli del Darfur, nel Sudan o del popolo Saharawi, a sud del Marocco. Ogni volta che la storia si ripete, sentiamo dire “mai più”, eppure ancora oggi sta accadendo qualcosa di simile nel Nord-Ovest della Bosnia e Erzegovina, dove  si aggrava sempre di più l'emergenza umanitaria per i migranti bloccati in una situazione disumana al campo di Lipa. Si tratta di profughi provenienti perlopiù da Iran, Pakistan e Afghanistan, giunti in Bosnia dopo aver subito torture e violenze disumane. Da circa sei anni, dall’estate del 2015, la rotta balcanica ha visto arrivare da quelle terre oltre un milione di persone che cercano di entrare in Europa con la speranza di una vita migliore. Ma ad attenderli chilometri di filo spinato e giganteschi campi di confinamento legalizzati che offrono condizioni di vita difficili. La situazione già fragile è precipitata lo scorso dicembre, quando, la vigilia di Natale, un incendio ha distrutto il campo di Lipa  e quasi mille profughi sono rimasti a lungo senza un riparo in preda a neve e gelo. L'esercito bosniaco - tra le proteste e le pressioni dell'Unione europea - ha realizzato una tendopoli temporanea in attesa della completa ricostruzione del campo con standard e accorgimenti che lo rendano abitabile anche nelle condizioni del gelido inverno balcanico. Decine di migliaia di migranti in transito sono stati rinchiusi per mesi all’interno dei campi profughi o strutture di vario genere presenti in tutti i paesi coinvolti dalla Rotta (Turchia,Grecia, Albania, Nord Macedonia, Serbia); campi inadeguati e sovraffollati che si sono trasformati in luoghi dalle condizioni estreme: senza servizi idonei, in condizioni igieniche pessime, con gravi rischi per la salute psicofisica di queste persone. Una rotta che non ha mai smesso di essere percorsa da migliaia di persone, nonostante l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di Covid-19. Proprio la Caritas italiana durante lo scorso aprile ha denunciato l’esistenza di nuovi focolai di Covid-19 a causa delle pessime condizioni igieniche e delle difficoltà a mantenere il distanziamento.  Oggi grazie all'intervento di associazioni umanitarie come la Caritas italiana è stato possibile realizzare diversi interventi come l'acquisto di un'autocisterna per la distribuzione di acqua potabile, l'apertura di un tendone -refettorio riscaldato per permettere ai profughi di mangiare in maniera dignitosa, nuove tensostrutture per i bisogni sanitari, un servizio di lavanderia. Un aiuto per queste persone dimenticate, di cui si sa e si parla troppo poco.





I BAMBINI DI TEREZIN. Classe prima B – Scuola Secondaria di Primo Grado - Bovino

 

  



Terezín è una località che si trova a 61 chilometri a nordest di Praga, famosa per il suo Campo di  Concentramento.  E’ diviso in due parti, la fortezza grande e la piccola. In un'area si localizzava il ghetto ebraico, dove vissero più di 150.000 ebrei, mentre una seconda zona fu occupata da un campo di concentramento. Fu un campo di concentramento e non di sterminio, dove comunque morirono molti ebrei. I bambini ebrei che vissero nel Campo di concentramento  di Terezín sono stati quasi 15.000. Nonostante la fame, le malattie e le molte privazioni, hanno lasciato tracce sorprendenti della loro creatività e voglia di vivere prima di essere quasi tutti deportati nei campi di sterminio. 


I bambini e gli adolescenti giunsero al campo da soli o insieme ai loro genitori. Le condizioni di vita erano estremamente precarie a causa del sovraffollamento, della fame, e delle malattie. Compiuti i 14 anni i bambini erano sottoposti al lavoro forzato. Vivevano inoltre  con la costante minaccia dei frequenti trasporti verso i campi di sterminio.




 Assieme alla professoressa Antonella  Brienza,  insegnante di storia e geografia, noi alunni della classe  1^ B  di Bovino in occasione della giornata della memoria, abbiamo  realizzato due cartelloni: un cartellone che ricorda  il campo di Terezìn ed un secondo cartellone a forma di valigia per ricordare i disegni, le poesie ed i pensieri dei bambini che hanno vissuto a Terezìn nei duri anni della seconda guerra mondiale.  Queste testimonianze sono giunte fino a noi poiché  nascoste da  Friedl Dicker-Brandeis, artista austriaca, deportata nell’autunno del 1944 ad Auschwitz.  Infatti nel campo di Terezìn venne istituita una scuola (anche se le leggi razziali vietarono l’istruzione per gli ebrei  sin dal 1940)  per alleggerire la deportazione dei bambini. Nei disegni e nelle poesie i bambini raccontavano o disegnavano quello che stavano vivendo. Nel primo cartellone abbiamo introdotto la piantina geografica della fortezza di Terezìn e incollato delle immagini riferite ad essa.





Il secondo cartellone ha una forma di valigia, è di colore marrone e ha un manico e i bordi di colore giallo chiaro. Sulla superficie ci sono quattro bustine realizzate da noi alunni, su ognuna delle quali è stata incollata una stella di David al centro delle quali è scritto il contenuto di ogni singola busta: il campo, le poesie, i disegni, i pensieri. Infine abbiamo chiuso con un pezzo di spago ognuna delle quattro buste. All'interno della prima bustina abbiamo inserito alcune fotografie che mostrano il campo e la fortezza lager di Terezin. Nella seconda busta sono stati inseriti alcuni dei pensieri scritti dai bambini che hanno vissuto l'orrore del campo di concentramento in prima persona. Parole dure e terribili come queste:

"...siamo abituati a piantarci su lunghe file alle sette del mattino, a mezzogiorno e alle sette di sera, con la gavetta in pugno, per un po' d'acqua tiepida dal sapore di sale o caffè o, se va bene, per qualche patata. Ci siamo abituati a dormire senza letto, a salutare ogni uniforme, scendendo dal marciapiede e risalendo poi  sul marciapiede. Ci siamo abituati agli schiaffi senza motivo, alle botte e alle impiccagioni."






Il pensiero molto profondo del bambino smentisce ciò che i nazisti affermavano, ovvero che i ghetti erano posti privilegiati per gli ebrei. Nella terza bustina abbiamo inserito alcuni dei disegni dei bambini deportati. Anche i disegni rappresentano le condizioni di vita di quel luogo terribile. Oggi i disegni ritrovati sono custoditi nel museo ebraico di Praga. Infine nell'ultimo riquadro sono riportate alcune delle poesie scritte dai bambini deportati nel ghetto. Nella maggior parte dei testi i bambini raccontano cosa manca loro o perché o da quando sono stati deportati. Alcuni di loro affermano che hanno provato la mancanza della libertà e ne hanno compreso il valore solo dopo che fu tolta loro.



 




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