Il matrimonio in tutto il sud Italia è considerato uno degli eventi più importanti della vita di una persona. Rispetto ai primi del Novecento però le cose sono cambiate molto. La nostra redazione è partita dai racconti e dai ricordi di nonni e bisnonni per comprendere come fosse organizzato un matrimonio nel nostro paese nei primi decenni del secolo scorso.
Dai racconti dei nonni abbiamo appreso che quando due giovani si fidanzavano e decidevano di sposarsi si faceva “l’albero in piazza”, una tradizione ormai scomparsa anche nel ricordo della maggior parte degli anziani. Il rituale prevedeva che tutte le persone che conoscevano i due promessi sposi, parenti, amici, vicini di casa, conoscenti, si riunissero e che mettessero in piazza pregi e difetti dei due giovani: se fossero gentili o superbi, pigri o lavoratori, ecc. in modo che non ci fossero brutte sorprese dopo il matrimonio. Nascevano vere e proprie discussioni a causa delle quali qualche fidanzamento poteva sciogliersi.
Le spose di fine Ottocento non indossavano ancora l’abito bianco, ma di colori pastello, rosa, beige, giallino… Indossavano nuovamente il loro abito ai matrimoni cui venivano invitate successivamente e le giovani spose seguivano la sposa nel corteo nunziale.
La festa del ricevimento si faceva in casa di qualche parente che avesse una stanza abbastanza grande per pranzare e per poi ballare al suono di un’orchestrina. Il menu di solito prevedeva maccheroni al ragù di carne, spezzo gli ziti: una vera prelibatezza poiché tutti facevano la pasta in casa e la pasta secca era considerata un vero lusso. Seguiva la carne al ragù, salsiccia, o involtini (le braciole bovinesi) e poi una teglia di patate al forno con carne di agnello e torcinelli.
I confetti venivano distribuiti alla fine del ricevimento direttamente dagli sposi che con un cucchiaio ne donava tre o cinque per ogni invitato. Negli anni Cinquanta sono comparse le prime scatoline di cartoncino o di plastica, antenate delle bomboniere.
Infine la sposa dopo il matrimonio non poteva uscire di casa per una settimana: solo la prima domenica utile dopo questo periodo di segregazione poteva uscire con lo sposo per andare a Messa. A questo punto cominciava la vita vera della nuova famiglia.
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