Il Sahara Forest
Project è un progetto di agricoltura ecosostenibile molto ambizioso: ricavare
da tutto ciò che abbiamo in abbondanza (luce solare, deserti, acqua salata, CO2) quello di cui
abbiamo più bisogno (cibo, acqua ed energia pulita). I primi studi di
fattibilità del progetto vennero presentati a Copenaghen nel 2009 durante la
COP 15. L’innovativo progetto, che prosegue ancora oggi, è stato voluto dal re
di Giordania Abdullah II e dal principe Haakon di Norvegia. Nel deserto della
Giordania le temperature sfiorano i 40 gradi e le precipitazioni sono
scarsissime, per questo motivo e per la vicinanza al mare questo deserto è
stato scelto per il Sahara Forest Project. Il progetto è stato avviato nel 2008
ed è ancora in fase di sviluppo. A sostenere questa avveniristica iniziativa si
è mossa la Max Fordham, azienda inglese specializzata in grandi ed innovative opere
ingegneristiche che ha messo la propria esperienza al servizio dell’UE e del
governo norvegese. Gli ingegneri impegnati nel progetto hanno ragionato sulle
risorse di cui disponevano, ovvero il mare, il sole e la sabbia. Sono state
progettate delle serre ultratecnologiche all’interno delle quali è stato
trovato il modo per raffreddare le colture e fornire umidità alle piante. L’aria
secca del deserto viene convogliata su cuscinetti di acqua marina che la
raffredda e la rende umida, in seguito viene fatta fluire nelle serre. L’acqua
poi passa attraverso un secondo evaporatore in cui l’acqua viene riscaldata dal
sole in una rete di tubi neri. Si tratta di un processo che imita il naturale
ciclo idrologico in cui l’acqua marina, riscaldata dal sole, evapora e
raffredda fino a formare le nuvole, per poi tornare a terra sotto forma di
pioggia, nebbia o rugiada. Per procurare energia il tutto viene alimentato da pannelli solari.
In questo futuristico campo agricolo al momento si producono solo cetrioli, che
si coltivano facilmente, ma il progetto prevede un ampliamento delle colture
nei prossimi anni. Per adesso si riescono ad ottenere circa 130 tonnellate di
vegetali all’anno in circa tre ettari di terreno che oltre a fornire un aiuto
alimentare, hanno creato anche nuovi
posti di lavoro.
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