lunedì 3 novembre 2025

IL MUSEO DIOCESANO DI ANNA MICHELA DI PASQUALE

 


NELLE SALE DEL PALAZZO DUCALE È ALLESTITO IL MUSEO DIOCESANO CHE CONSERVA QUADRI, PARAMENTI SACRI DI PREGEVOLE FATTURA, ESPRESSIONE DELLA FEDE, DELLA DEVOZIONE E DELLA RICCHEZZA ARTISTICA DEL NOSTRO PAESE. IL MUSEO NASCE NEL 1999 PER VOLERE E INIZIATIVA DEL MONSIGNOR GIUSEPPE CASALE, ALLO SCOPO DI IMPEDIRE LA DILAPIDAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE DELLA DIOCESI. VENNE CHIUSO NEL 2006 PER LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE E RIAPERTO NEL 2008 DA MONS. FRANCESCO PIO TAMBURRINO, ARCIVESCOVO METROPOLITA DI FOGGIA-BOVINO. ALL’INTERNO DEL MUSEO SI POSSONO AMMIRARE IL TESORO DELLA CATTEDRALE, COL PREZIOSO BRACCIO RELIQUIARIO DI SAN MARCO D’ECA DEL XV SEC., L’OSTENSORIO REALIZZATO DA PIETRO VANNINI, DEL XV SECOLO, UN CALICE DEL XVII SECOLO, UN CROCIFISSO IN RAME DEL XIV-XV SECOLO, LA TELA DI SAN SEBASTIANO, SEC. XVII, ATTRIBUITA A MATTIA PRETI, LA TELA DELLA CROCIFISSIONE DI SAN PIETRO, DEL SEC. XVII. 



OLTRE A QUELLI CITATI, SONO MOLTI ALTRI I TESORI CONSERVATI NELLE SALE DEL CASTELLO. IL PERCORSO ESPOSITIVO SI CONCLUDE CON LA CAPPELLA GENTILIZIA IN CUI SI CONSERVA IL PREZIOSO RELIQUIARIO DELLA SACRA SPINA.





IL MUSEO DELLA CIVILTA’ CONTADINA DI ANTONIO ANGINO, ALESSANDRO BORGIA, VINCENZO CECERE, GIACOMO LOMBARDI E FRANCESCO SPANO

 IL MUSEO DELLA CIVILTÀ CONTADINA, SI TROVA ALL’INTERNO DELL’EX CONVENTO DEI CAPPUCCINI, NELLA VILLA COMUNALE ED È STATO INAUGURATO NEL 2012. IL MUSEO RACCOGLIE OLTRE 500 OGGETTI, CHE RIGUARDANO LE VARIE ATTIVITÀ DEL MONDO RURALE, COME L’AGRICOLTURA, L’ALLEVAMENTO, L’ARTIGIANATO, LA CASA. IL MUSEO VUOLE VALORIZZARE E TRAMANDARE LA MEMORIA E LA CULTURA DI UNA SOCIETÀ CONTADINA, .SI TRATTA DI UTENSILI, ARNESI, CONGEGNI E STRUMENTI DEL “VIVERE QUOTIDIANO” . IL MUSEO È COMPOSTO DA DIVERSE SEZIONI: SI PUÒ TROVARE UNA CAMERA ARREDATA CHE RICOSTRUISCE LA TIPICA CASA DEL CONTADINO (CUCINA, STANZA DA LETTO, DEPOSITO, ECC.) TRA LA FINE DELL’800 E GLI INIZI DEL ‘900. VI SONO SALE CHE ESPONGONO OGGETTI DI USO QUOTIDIANO COME QUADRI DEVOZIONALI, PENTOLAME IN RAME, BRACIERI, CESTI, ECC. CI SONO DUE LOCALI CHE MOSTRANO OGGETTI LEGATI ALLA VENDEMMIA, CON UNA PICCOLA CANTINA. C’È UNA SALA DEDICATA AI LAVORI DELLA TERRA: SI POSSONO AMMIRARE ARATRI IN FERRO A TRAZIONE ANIMALE, UN ARATRO IN LEGNO (SEC. XIX), BARDATURE PER ANIMALI DA TIRO, ATTREZZI PER LA RACCOLTA DEL GRANO. INFINE IL PERCORSO SI CHIUDE CON UNA SALA CHE ACCOGLIE SOPRATTUTTO GLI ATTREZZI NECESSARI PER LA LAVORAZIONE DEGLI ORTI, PER IL TAGLIO DELLA LEGNA E TAGLIOLE PER PICCOLI ANIMALI.




IL MUSEO DELLE ARMI DI ANGELO CARLO TOTARO


 

IL MUSEO DELLE ARMI, L’ULTIMO MUSEO NATO NEL NOSTRO COMUNE, È STATO ALLESTITO AL PRIMO PIANO DI PALAZZO DI CITTÀ. IL MUSEO, INAUGURATO NEL 2022, OSPITA LA “RACCOLTA DI ARMI PROCACCINI” , UNA DELLE PRIME TRE COLLEZIONI PRIVATE D’EUROPA. INFATTI LA COLLEZIONE È STATA DONATA E QUINDI INTITOLATA, DA LIBERO RENATO PROCACCINI. LA COLLEZIONE CONTIENE TUTTE LE TIPOLOGIE DI ARMI (BIANCHE, DIFENSIVE, DA FUOCO E ARTIGLIERIE) TESTIMONIANDO UN LUNGO PERIODO CHE VA DAL CHE VA DAL SEICENTO SINO AI GIORNI NOSTRI. IL MUSEO MOSTRA L’EVOLUZIONE TECNICA E STILISTICA DELLE ARMI, E IL LORO RUOLO NELLA STORIA.



 LA RACCOLTA CONTA 700 PEZZI TRA PISTOLE, FUCILI, ARMI BIANCHE E BAIONETTE E MITRAGLIATORI DELLA PRIMA E SECONDA GUERRA MONDIALE. TRA LE ARMI PIÙ RARE SONO PRESENTI: LA PISTOLA "VENDITTI" DATABILE 1850, CON UN SOLO SERBATOIO, IL CASTELLO IN OTTONE E LA PARTE SUPERIORE DELLA CANNA FINEMENTE CESELLATA; UNA SCIABOLA APPARTENUTA AL CAPITANO GAETANO CARINI, "UNO DEI MILLE DI GARIBALDI" , MORTO A BOVINO. SONO ESPOSTE INOLTRE ALCUNE SCIABOLE PIEMONTESI, DEI FUCILI MILITARI E CIVILI, ALCUNI FUCILI DA CACCIA, OLTRE A FUCILI MITRAGLIATORI, PISTOLE AUTOMATICHE E LANCIARAZZI MILITARI, UNA CARABINA MILITARE SPENCER, CON CANNA A RIGATURA ELICOIDALE, CHE PARE SIA STATA USATA DAI NORDISTI NELLA GUERRA DI SECESSIONE, DUE CANNONI MITRAGLIERI CONTRAEREI, UN CONTROCARRO E TRE OBICI. 



LA RACCOLTA È RESA ANCORA PIÙ PREZIOSA DA ARMI AMERICANE FAMOSE COME LA COLT NAVY 185, A CANNA OTTAGONALE, ADOTTATA DALLA MARINA NORDISTA. IL PERIODO STORICO VA DALLA FINE DEL 1600 AL 1980 CIRCA, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL RISORGIMENTO ITALIANO, ALLE ARMI DI TRANSIZIONE TRA IL XIX E XX SECOLO.



VIAGGIO NEI MUSEI DI BOVINO BOVINO. IL MUSEO CIVICO DI ANTONIO ANGINO, ALESSANDRO BORGIA, VINCENZO CECERE, GIACOMO LOMBARDI E FRANCESCO SPANO

 IL NOSTRO PAESE, E’ DA SEMPRE RICCO DI STORIA E CULTURA. TALE STORIA SI PUO’ RIVIVERE E CONOSCERE ATTRAVERSO UN VIAGGIO NEI MUSEI OSPITATI NELLA NOSTRA CITTA’: RISORSA PREZIOSA CHE PERMETTE A CITTADINI E TURISTI DI APPREZZARE LA RICCHEZZA CULTURALE DEL NOSTRO PAESE.



IL MUSEO CIVICO DI BOVINO, SITUATO NEL CENTRO STORICO ALL’INTERNO DEL PALAZZO PISANI, È DEDICATO AD UN NOSTRO ILLUSTRE CONCITTADINO: IL MEDICO CHIRURGO CARLO GAETANO NICASTRO, STORICO LOCALE E ISPETTORE ONORARIO PER LE OPERE DI ANTICHITÀ ED ARTE, CHE SI FECE PROTAGONISTA DEL RECUPERO E DELLA CONSERVAZIONE DI NUMEROSI REPERTI ARCHEOLOGICI RINVENUTI PROPRIO NELTERRITORIO DI BOVINO.LA RACCOLTA DI CARLO GAETANO NICASTRO COSTITUISCE IL NUCLEO CENTRALE DI BASE INTORNO AL QUALE NEL 1925 SI FORMÒ IL MUSEO CIVICO. SIN DALLA SUA ISTITUZIONE, PER I CARATTERI STESSI DELLA RACCOLTA DEL NICASTRO, IL MUSEO SI CARATTERIZZA PRINCIPALMENTE COME “MUSEO ARCHEOLOGICO” , NONOSTANTE IN ESSO SIANO CONSERVATI ANCHE MANUFATTI DI EPOCHE RECENTI. INFATTI POTREBBE ESSERE DEFINITO COME “IL MUSEO DELLA STORIA DELLA CITTÀ” . 




 IL MUSEO SI ARTICOLA IN DIVERSE SEZIONI: PREISTORICA - PREROMANA - ROMANA - DALL’ALTO MEDIOEVO ALL’OTTOCENTO. DEL PERIODO ENEOLITICO (ETÀ DEL RAME), SONO CONSERVATI DUE INTERESSANTISSIMI VASI AD IMPASTO NERO, DELL’EPOCA NEOLITICA SI RACCOLGONO NUMEROSI FRAMMENTI CERAMICI DECORATI, ALL’ETÀ DEL FERRO NUMEROSE CERAMICHE ACROME CON DECORAZIONI TIPICHE DELLA DAUNIA E DIVERSE STATUETTE FITTILI. L’ETÀ ROMANA È TESTIMONIATA DA DIVERSI DOCUMENTI EPIGRAFICI E DA UN MOSAICO IN BIANCO E NERO. NEL MUSEO SI CONSERVANO ANCHE REPERTI DEL XVIII SECOLO E DEL XIX SECOLO. 27 NELLE SALE DEL PALAZZO DUCALE È ALLESTITO IL MUSEO DIOCESANO CHE CONSERVA QUADRI, PARAMENTI SACRI DI PREGEVOLE FATTURA, ESPRESSIONE DELLA FEDE, DELLA DEVOZIONE E DELLA RICCHEZZA ARTISTICA DEL NOSTRO PAESE. IL MUSEO NASCE NEL 1999 PER VOLERE E INIZIATIVA DEL MONSIGNOR GIUSEPPE CASALE, ALLO SCOPO DI IMPEDIRE LA DILAPIDAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE DELLA DIOCESI. VENNE CHIUSO NEL 2006 PER LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE E RIAPERTO NEL 2008 DA MONS. FRANCESCO PIO TAMBURRINO, ARCIVESCOVO METROPOLITA DI FOGGIA-BOVINO. ALL’INTERNO DEL MUSEO SI POSSONO AMMIRARE IL TESORO DELLA CATTEDRALE, COL PREZIOSO BRACCIO RELIQUIARIO DI SAN MARCO D’ECA DEL XV SEC., L’OSTENSORIO REALIZZATO DA PIETRO VANNINI, DEL XV SECOLO, UN CALICE DEL XVII SECOLO, UN CROCIFISSO IN RAME DEL XIV-XV SECOLO, LA TELA DI SAN SEBASTIANO, SEC. XVII, ATTRIBUITA A MATTIA PRETI, LA TELA DELLA CROCIFISSIONE DI SAN PIETRO, DEL SEC. XVII. OLTRE A QUELLI CITATI, SONO MOLTI ALTRI I TESORI CONSERVATI NELLE SALE DEL CASTELLO. IL PERCORSO ESPOSITIVO SI CONCLUDE CON LA CAPPELLA GENTILIZIA IN CUI SI CONSERVA IL PREZIOSO RELIQUIARIO DELLA SACRA SPINA. I REPERTI PIÙ PREZIOSI SONO SENZA DUBBIO LE STELE ANTROPOMORFE RINVENUTE TRA IL 1954 E GLI ANNI OTTANTA NELL'AREA DENOMINATA STERPARO NUOVO - A POCHI CHILOMETRI DA CASTELLUCCIO DEI SAURI E BOVINO. ESSE SONO RICONDUCIBILI NELL'ETÀ DEL RAME, QUANDO DELLE STATUE-STELE E STATUE-MENHIRCHE SI DIFFUSERO IN PUGLIA. I PRIMI RITROVAMENTI RISALGONO AL 1954, AD OPERA DEL PROF. MICHELE LEONE. 



IL CARNEVALE A BOVINO Storia, sfilata 2025 e tradizioni di Emanuele Bianco, Francesca Landini, Sofia Marseglia, Giuliana Saggese e Francesca Sciaraffa

 IL CARNEVALE A BOVINO

Storia, sfilata 2025 e tradizioni

IL CARNEVALE A BOVINO 



Il Carnevale a Bovino si svolge da circa 74 anni. è una tradizione che risale al passato, quando ognuno realizzava a mano i costumi inerenti al proprio tema senza limitarsi al  semplice acquisto in negozio. si trattava di abiti semplici, confezionati con cio’ che si trovava in casa. Bastava che un uomo si vestisse da donna o viceversa, o indossare abiti al contrario e si era pronti!

quest’anno La festività si prepara a colorare le strade di Bovino con due eventi organizzati dalla Pro Loco di Bovino in collaborazione con l’oratorio Beato Antonio Lucci. La Pro Loco si è sempre interessata a questo tipo di tradizioni , realizzando abiti che rappresentassero il simbolo della comunità per la sfilata. 

STORIA E PRESENTAZIONE

Fanno parte di questo evento i riti, le tradizioni, i costumi, i proverbi, i miti, le leggende, le filastrocche, i piatti tipici, i racconti, le musiche, le danze, i canti in dialetto, insomma, tutto ciò che appartiene alla cultura del popolo. Dobbiamo salvare e tutelare questo patrimonio perché dobbiamo essere consapevoli che in questa generazione non è facile portare avanti queste usanze antiche che sono ormai dimenticate o perdute, per salvaguardare il valore e la promozione del nostro territorio.

LA SFILATA  2025 

Per la sfilata 2025 sono stati realizzati allestimenti come la barca dei pirati e il carro funebre con la bara del Carnevale , che si ricollega ad una tradizione antica bovinese, quando il Carnevale durava 3 giorni dalla Domenica al martedì grasso e veniva svolto nel pomeriggio . alla fine dell’ultimo dei 3 giorni “ S’appiccev Carnuvele” , cioè si dava fuoco al Carnevale ovvero a dei pupazzi realizzati in  cartapesta. La bara simboleggia la morte del Carnevale in maniera rivisitata. Alla sfilata come alla preparazione hanno partecipato tutti dai più piccoli: infanzia, asilo nido ed elementari ai più grandi n  grandi: gli alunni della secondaria di primo grado e lo staff della Pro Loco, in tutto hanno partecipato circa 170 persone. 

PRIMO CARNEVALE

A Bovino, nel 1951, viene celebrato l’inizio del Carnevale ed è proprio in questo periodo che i giovani si intrattenevano con giochi ed altre attività. questo Carnevale prese il nome di “CUORE DI FESTA, si preparava con una semplice sfilata in cui comparivano per la prima volta le figure “LU VIÉCCHIE E LA VÈCCHIE” e delle maschere create per l’occasione. Al termine della sfilata veniva premiata la maschera più bella. Nel 1954 fu creato il primo carro con la carta pesta, tra le maschere iconiche di questo Carnevale era la scimmia. Il corteo era animato dalla banda.

“Z’ì Antonie e z’ì Fulumena”

le mascherate in cartapesta rappresentano due anziani del paese, per questo vengono anche chiamati “lu viecchie e la vecchie”, sono realizzati in cartapesta sostenuti da una base in legno.





Nel 1951 divenne sacerdote don Aldo Chiappinelli  che raccolse molti giovani intorno a sé con l’azione cattolica. Quell’anno, grazie a questi giovani  fu organizzato il primo carnevale documentato del nostro paese. Si costruirono i primi pupi e i primi carri, grazie a Luigi Ianniello che era un maestro cartapestaio. Nel 1954 grazie ai fratelli Bisanti si organizzò un nuovo carnevale. Alcuni figuranti si travestirono da Messicani, con un pigiama a righe offerto proprio dalla madre di don Aldo. Per la prima volta il corteo venne ripreso dal fotografo storico del paese, Filippo Morsillo, che per l’occasione affittò una telecamera, grazie al contributo di tutti i bovinesi che raccolsero ben 11.000 lire. Oggi la pellicola è stata restaurata e digitalizzata  ed è visibile sul canale Youtube. proprio durante questo carnevale.



È’ MORTO CARNEVALE

In occasione della sfilata 2025 i ragazzi della Pro-Loco hanno scelto di rappresentare la bara del carnevale 2025. Il tutto si ricollega ad una trazione antica bovinese. Il Carnevale durava 3 giorni dalla domenica al Martedì Grasso e veniva svolto nel pomeriggio, alla fine dell’ultimo dei 3 giorni “S’APPICCEV CARNUÉLE” cioè si dava fuoco al Carnevale ovvero a dei pupazzi realizzati in carta pesta. È una tradizione pagana che simboleggia la purificazione del corpo attraverso il fuoco per eliminare cattiverie e preparare l’anima ad affrontare la Quaresima. La bara simboleggia la morte del carnevale in maniera rivisitata. Il tutto è stato realizzato dai ragazzi della Pro-Loco in un mese di lavoro circa.le la banda dei bisanti arrangio’ la rapsodia dello starnuto, diventata poi il simbolo delnostro carnevale.


ma anche noi alunni della scuola secondaria di primo grado abbiamo realizzato alcuni costumi per la sfilata, come le tazze del tema che abbiamo scelto: la bella e la bestia. I bambini della primaria hanno preferito il tema ispirato ad alice nel paese delle meraviglie.



danze e canti popolari

Sicuramente il canto più popolare a Carnevale a Bovino è “Ellicchìe ellicchìe ellicchìe”. È tradizione andare a bussare a casa delle persone nel periodo del Carnevale e cantare questa filastrocca, in cambio la gente donava, e dona ancora oggi dolci, biscotti, ogni genere alimentare. Ecco la filastrocca:



ELLICCHIE, ELLICHIE, ELLICCHIE

Venèime ra luntène e ròppe ‘mbriachète

E purtème a Carnuèle, se rèste cchiù cuntènte

nen facèime a nisciòune mèle mùore l’uòme fètente

vulèime sòule pazziè. E rèste sòule la bontà.

Trasèime ‘ndà ste chèse ellicchie, ellicchie, ellicchie

Cantànne “Ellicchie, ellicchie”: e ramme nu ppuòche re salesicchie

ramme nu ppuòche re salesicchie ramme nu ppuòche re salesicchie

o lu bastòune c’adda penzè! O lu bastòune c’adda penzè!

ellicchie, ellichie, ellicchie, Stasèire nen mancànne

e rammè nu ppuòche re salesicchie, verimece a la chiazza,

rammè nu ppuòche re salesicchie l’appiccème stu Pupazze

o lu bastòune c’adda penzè! E nen ce penzème ccchiò.

Ieie tòzzole a la pòrte e mò chi è vuta vuta

Vìene apre cumbagnòune chi è dète è detè è dète,

Va piglie lu vèin bòne chi l’è ditte n’ève sbagliète

ca c’amma ‘mbriachè. Carnuèle iè quistu qua.

E ròppe ‘mbriachète ellicchie, ellicchie, ellicchie

se rèste cchiù cuntènte e ramme nu ppuòche re salesicchie,

Muòre l’uòme fetènte ramme nu ppuòche re salesicchie

E rèste sòule la bontà. O lu bastòune c’adda penzè!

 traduzione:

Veniamo da lontano e portiamo a Carnevale non facciamo male a nessuno vogliamo solo giocare.

Entriamo dentro queste case cantando... Ellicchie, ellicchie dammi un poco di salsiccia il bastone ci deve pensare. Ellicchie ellicchie ellicchie e dammi un poco di salsiccia dammi un poco di salsiccia o il bastone si deve pensare. Sono andato a bussare alla porta viene aprirmi il l'amico vai a prendere il vino buono che ci dobbiamo ubriacare. E dopo ubriacati ci sentiamo più contenti muore l'uomo cattivo e resta solo la bontà.

Ellicchie....

Stasera non mancare ci vediamo in piazza, diamo fuoco a questo pupazzo e non ci pensiamo più. adesso chi ha avuto avuto chi ha dato ha dato Chi l'ha detto non ha sbagliato carnevale è questo qua

Ellicchie...

TRADIZIONI POPOLARI A BOVINO: LA CLASSE SECONDA A INCONTRA E INTERVISTA PEPPINO ACCETTULLO, CANTASTORIE, MUSICISTA E POETA BOVINESE Di Giacomo Lombardi, Alessandro Borgia e Francesco Spano

 



Dopo l’incontro con Ugo Ianniello la nostra classe ha poi incontrato ed intervistato Giuseppe (noto come Peppino) Accettullo, che ci ha raccontato le origini del Carnevale, non solo bovinese. EccIl Carnevale rappresenta da sempre una festa del popolo, che si contrappone alle festività religiose ufficiali. E’ un momento in cui domina la libertà più assoluta, in cui tutto diventa lecito. Ogni gerarchia decade per lasciare spazio al divertimento, alle maschere, allo scherzo, al riso. Lo stesso mascherarsi rappresenta un modo per uscire dal quotidiano e disfarsi del proprio ruolo sociale: negare sé stessi per diventare qualcun altro. Le prime manifestazioni che si ricordano del Carnevale risalgono a circa 4000 anni fa: gli Egizi furono i primi ad ufficializzare una tradizione carnevalesca con riti, feste e pubbliche manifestazioni in onore della dea Iside, protettrice della fertilità dei campi e che simboleggiava il perpetuo rinnovarsi della vita. Il carnevale greco veniva festeggiato invece, in varie riprese tra l’inverno e la primavera, con riti e sagre in onore di Bacco (il nome con cui i greci chiamavano Dionisio nel momento estatico dell'ebbrezza), dio del vino e della vita. Le “grandi dionisiache” dal tono particolarmente orgiastico, si tenevano tra il 15 marzo e il 15 aprile, punto culminante del lungo periodo carnevalesco.o le sue parole:


I “Saturnali” furono, per i romani, la prima espressione del carnevale. Gradualmente persero il loro significato rituale, assumendo la chiara impostazione di feste popolari, i cui relitti sopravvivono in molte feste e tradizioni della nostra penisola, soprattutto nel Sud e nelle Isole.  Le feste in onore di Saturno iniziavano il 17 dicembre e si prolungavano dapprima per tre giorni poi per un periodo molto più lungo, corrispondente al nostro periodo natalizio, sebbene nei contenuti più simile al carnevale.  Caratteristica dei “Saturnali” era la sospensione delle leggi e delle norme sociali. Plebei, schiavi e patrizi si concedevano un periodo di frenetiche vacanze di costumi e di lascività di ogni genere. 



La personificazione del Carnevale in un essere umano o in un fantoccio, risale invece al Medioevo. Ne furono responsabili i popoli barbari che, giungendo nei paesi mediterranei determinarono una sovrapposizione o una simbiosi di usi e costumi, assorbiti dalla tradizione locale. La chiesa cattolica  e le autorità ecclesiastiche tolleravano le manifestazioni carnevalesche come momento di svago e spensieratezza, pur ritenendolo un momento di riflessione e di riconciliazione con Dio. Si celebravano, come tuttora avviene, le Sante Quarantore (o carnevale sacro) che si concludevano la sera dell’ultima domenica di carnevale.  

In tutte le regioni d’Italia viene celebrato con sfilate e balli in piazza, maschere tradizionali e fantastiche, coriandoli e stelle filanti, ma in alcune città i festeggiamenti sono tanto originali da richiamare turisti e visitatori da ogni parte del Paese o del mondo.

 Abbiamo rivolto al signor Accettullo alcune domande:

Lei è un grande esperto in musica popolare. Che differenza c’è tra musica popolare e musica tradizionale?

In effetti sono la stessa cosa.La differenza, se c’è, è minima. Non parliamo di musica leggera o di canto lirico. Si tratta di tradizioni che vengono non semplicemente raccontate, ma narrate in musica. 

Che cos’è la musica popolare?

La musica popolare è’ l’espressione più pura di ciò che il popolo ha assorbito o che ha necessità di esprimere. Ha a che fare e riguarda il popolo. Tutto ciò che è tradizione, tutto ciò che è cultura, cioè il bagaglio culturale e popolare che si esprime attraverso la musica.I canti popolari si sono trasmessi in maniera orale da una generazione all’altra ed erano anche un modo di cantare la protesta. Un tempo la democrazia non esisteva e non c’era la possibilità di ribellarsi. Quando il popolo voleva dire qualcosa a chi lo governava o deteneva il potere, lo faceva in musica, cantando, poiché non poteva parlare liberamente,  altrimenti avrebbe rischiato di essere punito. Chi apparteneva ad una setta religiosa ad esempio, come i primi cristiani al tempo dei romani, spesso comunicavano tra loro cantando. A Bovino vi è un antico canto popolare, forse di origine  medievale che si chiama “Doi tiedd r capoun” cioè due pentole di capponi. L’abbiamo scovata quando abbiamo fondato il primo gruppo folcloristico qui a Bovino e abbiamo fatto una ricerca molto approfondita tra gli anziani. Proprio loro ci hanno raccontato che ai tempi in cui a Bovino c’era il Duca Guevara, spesso entrava in collisione con la Chiesa. Il cappone è il più prepotente dei galli di un pollaio e che commette soprusi anche sulle galline. Nel testo il despota viene paragonato al cappone, i due capponi sono il Duca e il Vescovo (Bovino è sede episcopale). Infatti alcune strofe della canzone recitano così, come un botta e risposta tra due popolani:


“- Sacc na storij r add e r capoun

ma quest je na storij ca nen v’agge mej accuntete-

E chi te l’eve ‘mparete?-

me l’agge mparete sotta l’arc de Mensignour. 

monsignour facej nu pirete

eiej m’occ a zi’ Duminic

Zi’ Dumineche facei na loff

e iej m’occ a la patoff,

la patoffa cucinava e lu monac abballava

abballava tunn tunn sett palm e sett palumm.

Ohilì ohilà pur awann je jout accussé

e mo ch’arreive l’anne che viene

vereime ke kepa tiene.-

(Traduzione: - Conosco una storia di galli e di capponi,

ma questa è una storia che non vi ho mai raccontato.-

E chi te l’ha insegnata?-

L’ho imparata sotto l’arco di Monsignore. -

Monsignore fece una scorreggia

che finì in bocca a zio Domenico

zio Domenico fece un’altra scorreggia 

che finì in bocca alla perpetua

la perpetua cucinava e il monaco ballava

ballava tondo tondo sette palme e sette colombi

Ohilì, Ohilà anche quest’anno è andato così

e appena arriva il prossimo anno

vediamo come andrà…”)

L’arco di Monsignore si trova vicino alla cattedrale e al vescovado, dove viveva il Vescovo. Il despota invece (il Duca) viene associato, nella stessa canzone  ad un cavallo pazzo che trascina tutti in una corsa sfrenata. Ma il popolo spesso si ribellava anche a lavori troppo pesanti. Nei lavori più lunghi e impegnativi, come la raccolta delle olive o la mietitura, i migliori operai erano quelli che venivano dalla montagna. I grandi proprietari chiamavano operai da tutti i nostri piccoli paesi, ma avevano uno scopo ben preciso: vivendo molto lontano questi operai erano costretti a dormire direttamente sul luogo di lavoro per cui lavoravano moltissime ore, dal sorgere del sole al calare delle tenebre  I proprietari terrieri la sera precedente l’inizio dei lavori facevano una grande festa nell’aia per rabbonire i contadini. Ma il giorno successivo le cose cambiavano radicalmente. La paga era per lo più in natura, pochi erano i soldi ricevuti per il lavoro. Spesso però vi erano delle dispute per la paga. Per ovviare a questo vi era un libro “naturale” chiamato la staccj. Era un pezzo di legno di ferula, pianta spontanea che ha un tronco molto leggero che veniva tagliato a metà. Questi due pezzi di legno combaciavano perfettamente solo con la loro metà. Vi erano tre staccj diverse: una per il pagamento in olio, una in formaggio o altro, una per il pagamento in moneta.  Al momento del pagamento operaio e padrone presentavano le due metà della staccj e veniva fatto un taglio con un coltello su entrambe le staccj. Per snellire la fatica i contadini cantavano: in questo modo si è diffusa la cultura popolare da un paese all’altro. Il lavoro quindi è stato un veicolo per la diffusione dei canti popolari. 

A quanti anni ha iniziato ad occuparsi di musica?

Francamente non ricordo… forse circa sessant’anni fa. Da ragazzino ho iniziato a suonare la chitarra e a narrare delle storie prendendo spunto da tutto ciò che i miei nonni mi raccontavano. I miei nonni, come tutta la gente del popolo, cantavano come nenie, quasi come una cantilena.

Com'è nata la sua passione per la musica?

Vengo da una famiglia di musicisti, anzi di musicanti. Sono nato ad Orsara di Puglia, mio padre era orsarese, mentre mia madre era di Bovino. Ho vissuto ad Orsara fino all’età di otto anni; poi alcune vicende familiari ci hanno fatto spostare qui a Bovino. Mio nonno suonava il bombardino nella banda del paese, i fratelli di mia nonna erano tutti musicisti: clarinettisti, trombettieri, ecc.Mio padre suonava la fisarmonica e anche i miei zii suonavano: il fratello maggiore di mio padre era maestro di musica diplomato al Conservatorio di musica san Pietro a Majella di Napoli e ha suonato per molti anni sulle navi che viaggiavano da Napoli verso gli Stati Uniti, per poi passare a Gaeta nei club frequentati dagli americani, in particolare in un locale chiamato “Il re bullone”, in cui suonava con il suo complesso vestito da Pulcinella. Venendo da una famiglia di questo tipo, quando ci incontravamo da mia nonna mangiavamo “pane e musica”. Da autodidatta ho iniziato a suonare la chitarra in maniera anche molto seria, poi sono entrato nella banda e ho studiato la musica d’insieme.Ho iniziato anche a comporre versi popolari ispirandomi ai racconti dei miei nonni. Mia nonna aveva l'abitudine di raccontare storie nelle serate invernali quando la famiglia si raccoglieva  intorno al braciere. Ho fatto tesoro di queste storie ele ho portate in musica.Così è nata la mia passione.

 A quanti anni ha imparato a suonare la chitarra?

Ho cominciato con le prime strimpellate intorno ai sette/ nove anni circa. 

Quanti strumenti sa suonare?

Suono la chitarra, il basso, le tastiere, il mandolino,  la tuba e il basso americano. Poi suono anche l’ocarina e l’armonica a bocca, ma non sono un professionista di questi ultimi, diciamo che li utilizzo per divertimento. Inoltre strimpello la fisarmonica.  

Quale consiglio vorrebbe dare ai ragazzi di oggi?

Di non dimenticare mai la cultura che ci è stata tramandata.Il nostro passato è importante: se si vuole costruire un futuro solido bisogna partire proprio dal passato. La nostra cultura è fatta di tradizioni meravigliose che alcuni bovinesi insieme alla Proloco e in particolar modo la professoressa Lombardi, stanno cercando di salvare e tramandare. Non ho nulla contro le nuove tradizioni  o contro feste come Halloween, ma non dovremmo mai farci condizionare dalle tradizioni americane, quando noi ne abbiamo di più belle.  Il nostro Halloween è la tradizionale calza dei morti, che serve soprattutto a creare un legame tra i più piccoli che ricevono una calza piena di dolciumi e le generazioni che ci hanno preceduto. I bambini che avevano un nonno, ma lo hanno perduto, ad esempio, sanno che in un altro mondo il nonno continua a pensare a loro e ogni anno porta loro una calza piena di dolcetti. 

Quest’anno ho visto che per il Carnevale vi siete impegnati molto: ho visto cose meravigliose. Per questo vi invito a continuare e a non dimenticare.

IL MUSEO DIOCESANO DI ANNA MICHELA DI PASQUALE

  NELLE SALE DEL PALAZZO DUCALE È ALLESTITO IL MUSEO DIOCESANO CHE CONSERVA QUADRI, PARAMENTI SACRI DI PREGEVOLE FATTURA, ESPRESSIONE DELLA ...